(Cartagine ? 200 ca. – 258)
Cipriano Tascio Cecilio scrittore latino cristiano, educato all’ampollosità della retorica, oratore di professione, conobbe il cristianesimo in età matura. Chiamato all’ufficio di Vescovo nella città di Cartagine, conobbe ben presto la durezza della persecuzione di Decio (249 – 251 d.C.).
Temendo per la sua vita si ritirò in un rifugio sicuro da dove proseguì ad avere cura della sua comunità. Fu, pur se relativamente breve, un periodo molto buio per la nascente Chiesa, in cui le defezioni ed i martirii raggiunsero punte molto elevate. E’ più che evidente che a uno sviluppo numerico così rapido del cristianesimo, non corrispondesse un’altrettanta crescita qualitativa della fede. I timori per la vita, per gli affetti o per gli affari, portarono molti alla ricerca di compromessi, e, pur magari non abiurando formalmente, ricercarono, tramite il danaro, falsi attestati di ossequio al proclama di fedeltà a Roma, all’imperatore e agli dei nazionali. Questo portò a differenziare vari gruppi: si passava dai “lapsi” (coloro che, o per viltà o per debolezza di fede, sotto la costrizione, avevano rinnegato il cristianesimo), ai “thurificati” (coloro che avevano onorato con fumo d’incenso gli dei o l’imperatore), dai “libellatici” (coloro che, tramite la corruzione del denaro o altri favori, si assicuravano in cambio il “libello” comprovante la lealtà all’impero), agli “stantes (coloro che pur non patendo i tormenti fisici avevano conservato la fermezza), dai “confessori” (credenti fedeli e saldi che per lo loro asserzione venivano incarcerati e torturati), per giungere ai martiri, testimoni concreti di Cristo a costo della vita. Solo la conoscenza di questo fatto porterà a comprendere lo stato di tensione creatasi nella Chiesa quando, col cessare della persecuzione, coloro che a vario titolo avevano ceduto, chiedevano la riammissione ai sacramenti.
Il punto era: Potevano gli apostati essere riammessi? Se sì, con quale e dopo quanto tempo di penitenza? Era il precedente battesimo ancora valido? Era imperativa la concezione donatista che pretendeva una Chiesa di soli santi con l’esclusione dei peccatori e quindi fortemente scandalizzata dall’apostasia, oppure bisognava dare maggior peso alla grazia di Cristo Gesù? Cipriano come vescovo, ne fu investito appieno. Questo lo portò ad analizzare con severità, ma senza asprezza, il problema degli abiuri postulanti la riammissione (De lapsis), spingendo e ottenendo la concessione del perdono per coloro che, a seguito del ravvedimento, avessero fatto penitenza, incontrando però l’intransigente ostilità dello scismatico Novaziano, presbitero romano a loro avverso.
Rimase però inflessibile, in disaccordo con Roma, sulla nullità dei sacramenti amministrati da scismatici ed eretici, pretendendo che il battesimo fosse nuovamente ripetuto (per questa sua opinione subirà la critica postuma di Agostino e sarà lui stesso accusato di parziale anabattismo).
Allo stesso Cipriano si deve l’origine del battesimo dei bambini, necessario perché procurava la remissione degli atti peccaminosi e del peccato originale. Cipriano afferma che non vi è salvezza al di fuori della chiesa (De catholicae Ecclesiae) costituita sulla collegialità dei vescovi e la sua unità non può essere posta in discussione da alcun pretesto, ribadendo così una preclusione assoluta alla legittimità di qualsiasi scisma.
Opere forse minori ma non certo meno raffinate, sono alcuni scritti apologetici contro il radicalismo donatista (Ad Donatum, Ad Demetrium), una silloge di passi biblici organizzati a soggetto (Testimoniorum ad Quirinum libri tres), nonché un consistente epistolario.
Perì martire, vittima della scure, per gli editti dell’imperatore Valeriano che continuò la persecuzione contro i cristiani, specie se di autorevole posizione, a Cartagine nel 258 d.C.
E se vi dicessero che … !
* “… non può aver per padre Dio chi non ha per madre la Chiesa … se non poté salvarsi nessuno di chi si trovò fuori dell’arca di Noe, anche chi sia fuori della Chiesa non si salva”. Cipriano. (De catholicae ecclesiae unitate)